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Parrocchia San Pietro - Abbiategrasso

 

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Ciad: ribelli d'accordo sul cessate il fuoco

   

Migliaia di sfollati fuggono in Cameroun

N'Djamena, 6 feb. - I ribelli del Ciad hanno accettato la proposta di un cessate-il-fuoco. "Consapevoli delle sofferenze del popolo ciadiano, e in accordo con le iniziative di pace dei paesi fratelli Libia e Burkina Faso, le forze della resistenza si sono dette d'accordo per un immediato cessate-il-fuoco", ha detto il loro portavoce Abderaman Koulamallah.

 

I ribelli hanno addossato la colpa del numero enorme di vittime civili al "coinvolgimento diretto" della Francia. Parigi, hanno accusato, sarebbe intervenuta con i propri caccia Mirage, bombardando, in particolare, nei pressi della scuola Liberte e del mercato centrale di Ndjamena.

 

L'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Antonio Guterres, ha detto di essere preoccupato per la situazione di migliaia di abitanti di N'Djamena, che stanno fuggendo verso il Cameroun per scappare dai combattimenti.

 Da sabato mancano notizie di un sacerdote italiano, don Francesco Guarguaglini, 40 anni, in Africa dal 1998, parroco a N'Djamena.

 

Ci ha scritto p. Renzo Piazza, missionario a N’djamena in Ciad.

 

N’djamena, 6 febbraio 08

 

Carissimi,

 

Grazie a tutti coloro che ci sono stati vicini in questi giorni con il loro ricordo, la loro preghiera e le loro parole di incoraggiamento.

Cerco di darvi qualche informazione per capire la situazione drammatica in cui versa attualmente il paese. Come tutti sanno, una colonna di ribelli, partita dal Sudan,  è arrivata alla capitale sabato 3 fabbraio nella mattinata, dopo aver percorso più di 800 km. Li abbiamo prima « sentiti » arrivare e poi li abbiamo visti circolare per le strade. Mattina e pomeriggio hanno cercato di impossessarsi dei punti strategici della citta e la notte ci hanno lasciato dormire. All’indomani, domenica, i combattimenti sono ripresi, violentissimi, soprattutto attorno al palazzo presidenziale e davanti alla radio nazionale. Dopo un po’ di calma attorno a mezzogiorno (per mangiare e fare la preghiera…), i combattimenti si sono protratti anche al pomeriggio. La mobilità dei combattenti ci ha fatto presto capire che i luoghi degli scontri erano un po’ ovunque. Verso sera sono arrivati dei rinforzi governativi e i ribelli sono partiti, dopo aver detto alla gente che di lasciare la città perché sarebbero ritornati in forza.

Questo ha provocato la paura nella gente, che ha cominciato a scappare in massa. Prima gli abitanti dei quartieri più « caldi », o poi via via tanti altri. C’è solo il fiume che separa dal Cameroun : alcuni hanno attrvaersato con la piroga, (si parla di gente che è annegata…) altri sono partiti chi a piedi, chi con la moto, chi con l’auto. Un vero esodo di massa. Al di là del fiume c’è una cittadina, Kousseri (dove alle volte andiamo a fare la spesa perché in Cameroun la vita è meno cara…) che non ha strutture di accoglienza… Facile immaginare come si sono trovate 50.000 persone che scappano dalla guerra…

E chi è rimasto in città è stato testimone (o attore) di saccheggi indiscriminati, soprattutto nella zona del mercato, nei quartieri abitati dagli europei e dagli operatori internazionali e negli edifici pubblici, soprattutto quelli che sono collegati con la politica del governo.

Personalmente, me ne sono rimasto tranquillo in casa, con un confratello brasiliano, il P. Amaxsando, ad aspettare il passaggio della burrasca. Il terzo confratello, il P. Paolino, Sudanese, si trova per il momento a Sarh.

Per grazia di Dio non abbiamo avuto grossi problemi e il nostro quartiere ha mantenuto la sua vita quasi normale.

Abbiamo avuto qualche problema per comunicare con il personale missionario : la rete di telefonia mobile è stata sospesa e non tutti hanno il telefono fisso in casa, ma pian piano siamo riusciti a raccogliere le notizie di tutti. E tutti stanno bene.

Poiché la nostra comunità è un po’ isolata rispetto alle altre, ci hanno consigliato di riunirci con la vicina comunità dei gesuiti. Abbiamo passato 2 notti con loro e questa mattina siamo ritornati a casa. Questo brevissimo viaggio ci ha obbligati ad attravarsare una delle zone dove i combattimenti di sabato e domenica sono stati più violenti : davanti alla radio nazionale : carri e veicoli militari bruciati, alberi abbattuti, cavi elettrici spezzati, cadaveri ancora sulla strada… Vi risparmio i dettagli, ma penso che l’inferno non è molto diverso da quanto abbiamo visto.

Solo ieri sera, martedi, le autorità hanno dato il permesso di raccogliere e seppellire i cadaveri.

I danni causati dai combattimenti sono notevoli. In due giorni il paese ha fatto un passo indietro di 20 anni. Alle distruzioni delle armi si aggiungono i danni dei saccheggi. Tavoli, banchi, sedie, frigoriferi, condizionatori, divani e materiale didattico si trovano per le strade… poiché alla radio hanno detto che si passerà casa per casa per cercare i responsabili dei saccheggi…

Il migliore liceo della città, gestito dalle religiose del S. Cuore è stato parzialmente distrutto e le Suore sono dovute partire.

Ed ora 2 domande per capire..         Chi sono questi ribelli ?

Appartengono a 3 gruppi etnici ben distinti, originari del nord del paese, divisi tra loro e uniti da un obiettivo comune : abbattere il regime attuale. Si tratta dell’etnia Gorane, quella dell’ex presidente Hissène Habré, destituito dall’attuale presidente 17 anni fa. Non hanno dimenticato il torto subito e cercano la rivalsa. Il secondo gruppo é composto dalla stessa etnia del presidente, gli Zakhawa : i loro capi erano al governo con il Presidente Deby, ma un paio di anni fa si sono rivoltati contro di lui quando non ha accettato di condividere il potere in maniera equa e probabilmente i proventi del petrolio. Il terzo gruppo sono Arabi e francamente, non conosco la loro storia della loro ribellione. Alla fine di novembre e ai primi di dicembre 07 i tre gruppi hanno attaccato separatamente le forze del governo all’est del paese, sulla frontiera con il Sudan e sono stati sconfitti… Ne parlavo nella mia lettera di Natale.

 

Seconda domanda :                         Chi li ha riuniti e armati ? E perché ?

Il grande responsabile è il Sudan che ha mal sopportato che il presidente del Ciad  abbia sostenuto e armato un gruppo ribelle del Darfour, composto essenzialmente da membri della sua stessa etnia, gli Zakhawa.

In secondo luogo il Sudan non vuole che l’Eufor, la forza europea di pace si installi alla sua frontiera per garantire la sicurezza dei campi dei rifugiati del Darfour e per il momento è riuscito nel suo intento. La forza europea che stava arrivando (ci sono anche gli italiani con il compito di creare un ospedale da campo a Abéché), ha dovuto far slittare la data del suo arrivo e non si sa bene quando riprenderanno il loro viaggio.

 

Aggiungo infine qualche storia « dal vivo ».

 

Giovedi scorso, ho incontrato Youssouf, ex postulante comboniano, che, in bici, rientrava a casa per l’ora di pranzo. Abbiamo scherzato, ci siamo salutati e poi ciascuno a casa sua.

Sabato sera, due fratelli di Youssouf vengono a trovarmi. Mi danno un biglietto in cui mi annunciano che durante i combattimenti Youssouf è stato colpito a morte assieme ad altri due amici… Come tantissimi altri giovani hanno voluto assistere alla guerra « in diretta », senza rendersi conto dei rischi che correvano. E’ bastata una sventagliata da un’auto in fuga per troncare le loro vite.

 

I Gesuiti hanno 4 giovani scolastici africani in formazione a N’djamena, uno dei quali è medico. Vista la situazione, domenica hanno deciso di inviarli in un posto più calmo, al di là del fiume, dove c’è un’ospedale gestito dalla missione.

Il lunedi sera, nel momento in cui siamo arrivati nella loro comunità veniamo a sapere che 3 sono riusciti a passare il ponte, ma del quarto, Jules (un ottimo collaboratore al Centro Cattolico Universitario), si sono perse la tracce. Avendo visto che alla fine del ponte dei banditi stavano « alleggerendo » i suoi confratelli, ha avuto paura ed è tornato indietro… proprio nel momento in cui riprendevano i combattimenti. Inquietudine e angoscia in tutti. Il martedi mattina arriva una suora in motorino e ci informa che Jules si era rifugiato nella loro comunità e stava bene. Al pranzo eravamo tutti insieme : ho assaporato un po’ la gioia della risurrezione…

 

Il governo francese ha messo a disposizione le sue strutture per proteggere ed evacuare coloro che lo desiderano. Alcune suore francesi sono partite, una delle quali un po’ malata. Ieri pomeriggio vengo a sapere che la superiora generale delle suore Xavières, nostre strette collaboratri, da Parigi, ha dato ordine alle tre rimaste di lasciare il Ciad. Questa non era la loro volontà, ma dovevano obbedire. Una mi ha detto : « Io prego Bakhita (abbiamo appena dedicato a Bakhita la cappella del Centro Cattolico Universitario, dove lavoriamo assieme) perché l’aereo non venga ». Da parte mia ho pregato Comboni per lo stesso motivo. Hanno atteso tutta la giornata che i francesi venissero a prenderle… ma nessuno è venuto, poiché la situazione si è fatta più normale… Questa mattina siamo passati a salutarle. La loro superiora si è rimessa alla loro libertà. Adesso c’è un conflitto tra me e loro : a chi attribuire la grazia ? A Bakhita o a Comboni ? Abbiamo deciso che nella cappella del CCU, vicino a Bakhita aggiungeremo il ritratto di Comboni…

 

La Vice-console italiana mi telefona e mi dice : « La Farnesina chiede agli italiani di rientrare. Tu cosa hai deciso di fare ? ». Le ho risposto : « E lei, cosa fa ? ». Mi risponde : « Io resto, perché sono spostata con un ciadiano. Non posso lasciare mio marito ». Io le ho risposto : « Anch’io sono sposato… con questa gente… Non posso lasciarla ».

 

Riflettevo sulla nostra presenza in situazioni cosi’ difficili. La Parola di Dio oggi diceva : « Voi siete un popolo consacrato al Signore vostro Dio. Siete voi che il Signore ha scelto in mezzo a tutti  i popoli della terra per essere il suo tesoro… » .

Le situazioni difficili servono anche per andare al cuore delle nostre scelte e ritrovare i motivi che ci hanno spinto a deciderci per il Signore.

Una preghiera perché non ci manchi il coraggio di vivere nella fedeltà e nel servizio.

 

P. Renzo